I farmaci biotecnologici hanno segnato un importante cambio di passo nella gestione dei pazienti con patologie di area reumatologica. E negli anni, l’ingresso sul mercato dei farmaci biosimilari, a seguito della perdita di brevetto degli originator, ha rappresentato un’opportunità importante per ampliare il numero di pazienti trattati, riducendo al tempo stesso l’impatto economico a carico del SSN. Qual è la situazione nel nostro Paese? Quali risultati sono stati già ottenuti e quali sfide si prospettano in futuro, per una sempre migliore presa in carico dei pazienti e nell’ottica di garantire la sostenibilità del sistema?
Ne parliamo con la dottoressa Daniela Marotto, fresca di nomina come Presidente Nazionale del Collegio dei Reumatologi Italiani (CReI) e Responsabile del Poliambulatorio di Reumatologia della ASSL Olbia.

Dottoressa Marotto, lei è la prima donna eletta a Presidente del CReI: quali sono gli obiettivi e le priorità del suo mandato, anche alla luce della pandemia di Covid-19 che stiamo attraversando?

La ringrazio per aver sottolineato il mio essere la prima Presidente donna del CReI. È un onore per me esserlo e mi riempie di orgoglio.
Il programma del mio mandato è assai ricco ma posso anticiparle alcuni dei punti principali.
La pandemia da Covid-19 ha confermato il valore universale della salute, la sua natura di bene pubblico fondamentale. Tuttavia ha reso più evidente la fragilità di un SSN depauperato progressivamente negli anni di importanti risorse e servizi da una politica di tagli. Vi è pertanto l’esigenza di ridiscutere politiche sanitarie che supportino la continuità dell’assistenza e l’integrazione per fronteggiare non solo le situazioni emergenziali ma anche le cronicità.
Vi sono significative disparità territoriali nell’erogazione dei servizi; un’inadeguata integrazione tra servizi ospedalieri, servizi territoriali e servizi sociali, tempi di attesa elevati per l’erogazione di alcune prestazioni.
Come società scientifica e come medici abbiamo il dovere morale e deontologico di ridurre queste criticità e far sì che vengano abbattute le differenze regionali sia in termini prescrittivi che di accesso alle cure, favorire l’integrazione tra ospedale e territorio, creare reali sinergie interdisciplinari e multidisciplinari.
L’esperienza della pandemia ha inoltre evidenziato l’importanza di poter contare su un adeguato sfruttamento delle tecnologie più avanzate, su elevate competenze digitali, professionali e manageriali che contribuiranno a ridurre gli attuali divari geografici e territoriali in termini sanitari, garantiranno una migliore “esperienza di cura” per gli assistiti e favoriranno la collaborazione tra i professionisti sanitari.
Punteremo inoltre alla formazione e alla tutela dei giovani, vera risorsa per il futuro, con progetti di ricerca e gruppi di studio.
I membri del Consiglio e delle Commissioni di lavoro che mi affiancano sono tutte figure di eccezionale valenza professionale e rappresentatività.

I farmaci biologici e biosimilari rappresentano un’opzione terapeutica di grande valore per i pazienti affetti da malattie reumatiche. Qual è la sua esperienza in merito, considerando sia la valenza clinica e l’accesso dei pazienti alle terapie sia il tema dell’ottimizzazione delle risorse per SSN e SSR?

I progressi della biologia molecolare dagli anni ’80 ad oggi hanno permesso di introdurre in commercio diversi farmaci biotecnologici che hanno rappresentato una vera e propria rivoluzione nel trattamento di patologie complesse, invalidanti e con un forte impatto sulla qualità di vita dei pazienti come l’artrite reumatoide, la spondilite anchilosante, l’artrite psoriasica e le malattie infiammatorie croniche intestinali. Tali farmaci hanno cambiato positivamente l’evoluzione di queste patologie incrementando la qualità e l’aspettativa di vita dei malati reumatologici. Gravavano sui biotecnologici dei costi elevati che di conseguenza ne limitavano l’utilizzo. Parafrasando Henry Ford, non ci può essere progresso se i vantaggi di una nuova tecnologia non sono usufruibili da tutti.
I biosimilari, la cui efficacia e sicurezza ormai sono consolidate rispetto agli originator, hanno rappresentato un vero progresso. Infatti il loro avvento, riducendo in maniera importante i costi, ha reso possibile l’accesso ad un maggior numero di pazienti, permettendo allo stesso tempo di disporre di un maggior quantitativo di risorse da reinvestire in innovazione e ha reso più sostenibile il SSN.

Nel nostro Paese il consumo di biosimilari è in crescita: nel 2020, secondo recenti analisi di Egualia, si è avuta una crescita del 10,4% rispetto all’anno precedente. A livello regionale il quadro è ancora piuttosto diversificato e, in quasi tutte le Regioni, sono state adottate delibere prescrittive che indirizzano verso il biologico a minor costo. Lei che cosa ne pensa?

Nel nostro Paese il consumo di biosimilari è in crescita: nel 2020, secondo recenti analisi di Egualia, si è avuta una crescita del 10,4% rispetto all’anno precedente. A livello regionale il quadro è ancora piuttosto diversificato e, in quasi tutte le Regioni, sono state adottate delibere prescrittive che indirizzano verso il biologico a minor costo. Lei che cosa ne pensa?

Ritengo che la scelta terapeutica non debba essere solo guidata da motivi economici ma debbano essere valutati numerosi parametri che cambiano da paziente a paziente. Pertanto nell’ottica di una gestione corretta del paziente la libertà prescrittiva del medico è un atto imprescindibile. Il medico dovrà valutare per ogni singolo caso la scelta terapeutica più appropriata e a parità di efficacia e sicurezza farmacologica è tenuto a fare delle valutazioni economiche che assicurino la sostenibilità del nostro SSN.

 

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